La produzione energetica compromette le aree agricole e il paesaggio e mette a rischio l’economia e il mondo del lavoro dell’isola
Il Governo e la Regione Autonoma della Sardegna sono responsabili dello scempio ambientale che si verificherà nell’Isola. E’ indecoroso e ambiguo quanto emerge dal Decreto Agricoltura, coadiuvato dal Decreto semplificazioni. Commenta il segretario nazionale REA, Gabriella Caramanica.
Il divieto di realizzazione di impianti per la produzione energetica su aree agricole non ha incluso le regioni a statuto autonomo, lasciando l’isola in balia dello sciacallaggio degli espropri dei terreni agricoli per la realizzazione di impianti d’interesse strategico. Abbiamo già denunciato come questo sistema agevoli le multinazionali che fanno affari, senza poi pagare le tasse e magari ottenendo agevolazioni per i contratti dei lavoratori.
La Sardegna è una regione che si basa principalmente sull’agricoltura, il turismo e sulla sua storia. La transizione impone il passaggio ad un modello industriale specializzato nella produzione energetica alternativa, a basso contenuto occupazionale e ad altissimo rendimento. Tra impianti fotovoltaici e parchi eolici offshore stiamo distruggendo le bellezze dell’isola che custodisce importanti riserve naturali e marine protette.
Siamo seriamente preoccupati riguardo alle strategie politiche messe in atto dal Governo per la riduzione dei combustibili fossili. Basti pensare che il Governo solo dopo aver varato i decreti, abbia poi pensato ad una mappatura delle aree idonee con il decreto del Ministero dell’Ambiente pubblicato in questi giorni in Gazzetta Ufficiale e per cui le Regioni hanno 180 giorni per disegnare la mappa delle rinnovabili sui loro territori.
E’ obbligo del Governo e delle Istituzioni rispettare la nostra Costituzione che nell’art. 9 “Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione”. Auspichiamo nel buon senso delle Istituzioni. Non possiamo tradire le vocazioni dei nostri territori modificandone non solo il paesaggio ma anche il modello economico anche alla luce delle economie circolari. Conclude Caramanica.
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